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La Marcia Allergica Nella Sensibilizzazione Ad Allergeni Pollinici

Franco Frati, Cristoforo Incorvaia

Estratto dal Volume "Aerobiologia ed Allergeni Stagionali" - Cap. 6 Franco Frati Dipartimento di Scienza Ostetriche, Ginecologiche e Pediatriche, Università di Perugia Cristoforo Incorvaia Allergologia, Istituti Clinici di Perfezionamento, Milano

Il termine di “marcia allergica” è oggi utilizzato con lo scopo di riferirsi sinteticamente alla storia naturale dell’atopia e in particolare al coinvolgimento progressivo dei diversi organi bersaglio con il trascorrere degli anni a partire dall’infanzia. Infatti, la storia naturale della malattia atopica ha solitamente un percorso definito, che prevede spesso un esordio precoce (anche nei primi mesi di vita) con un interessamento cutaneo, che si esprime nella dermatite atopica, per poi raggiungere l’apparato respiratorio con manifestazioni rinitiche e asmatiche (1).

La premessa fondamentale per la marcia allergica è costituita dalla presenza di atopia, definita nel Position paper dell’EAACI del 2001 come “una tendenza familiare o personale a produrre anticorpi IgE in risposta a basse dosi di allergeni, solitamente proteine, e a sviluppare sintomi tipici quali asma, rinocongiuntivite e eczema/dermatite” (2), concetto che del resto riprende quello espresso da tempo dalla Scuola allergologica di Firenze di Ricci e Romagnani che definisce l’atopia come “produzione elevata e persistente di anticorpi IgE (3).

Il riconoscimento della particolare storia naturale definibile come marcia allergica ha portato a interrogarsi su quali ne siano i fattori sottostanti (4). Già nella vita intrauterina è stata identificata una serie di fenomeni, elencati nella tabella 1, che possono avere effetto favorente sulla sensibilizzazione allergica. In particolare, nel 3° trimestre di gravidanza il rapporto degli anticorpi IgE/IgG allergene-specifici materni sembra avere un ruolo fondamentale nella sviluppo precoce dopo la nascita di immunità T cellulare (5).

Un fattore che sembra predisporre alla sensibilizzazione alla nascita è la quantità di IgE presente nel cordone ombelicale (6) ed è interessante notare che se una carica ambientale elevata di allergeni si associa a un alto livello di IgE, la presenza di endotossine in quantità significativa ha un effetto inverso (7).

Tabella 1

Nel timo fetale sono presenti linfociti dalla 7 settimana

Antigeni e allergeni sono presenti nel liquido amniotico

Il feto ha un meccanismo di “swallowing” del liquido amniotico

Citochine di origine materna possono influenzare le risposte immuni fetali

Le immunoglobuline G ed E sono presenti nel liquido amniotico già dalla 16 settimana

Nell’intestino fetale dalla 19 settimana sono presenti cellule MCH II°-CD3 cellule con CD40

Una risposta immune nei confronti di vari antigeni nel sangue fetale è presente dalla 22 settimana

Le IgE nel liquido amniotico interagiscono con cellule CD23+ preparando il sistema immune a risposte antielmintiche e/o ambientali

Il livello di IgE totali è comunque influenzato da fattori ereditari, con i geni responsabili localizzati nei cromosomi 5q, 12q e 17q (8).

Del resto, le stesse endotossine, insieme a una serie di altri fattori ambientali quali l’esposizione a microbi orofecali o di origine alimentare sono probabilmente in causa nell’opporsi alla sensibilizzazione dopo la nascita, con un meccanismo protettivo che si situa nell’ambito della cosiddetta “teoria igienica” (9).

Una volta avvenuta la sensibilizzazione, la prima manifestazione clinica è, come detto in precedenza, la dermatite atopica a cui fa seguito, come dimostrato in studi di follow-up, lo sviluppo di rinite e asma (1, 9).

La maggior parte degli studi ha evidenziato un ruolo preminente per gli allergeni “indoor”, e in particolare per gli acari della polvere, nell’indurre una sensibilizzazione inizialmente a livello cutaneo e poi nelle mucose respiratorie (10, 11).

I dati disponibili per gli allergeni “outdoor” quali pollini e spore fungine sono più scarsi. L’aspetto di maggiore interesse è rappresentato dalla correlazione tra sensibilizzazione atopica e mese di nascita, che è apparsa particolarmente evidente nel caso della Cryptomeria japonica o cedro giapponese, significativamente associata alla presenza di asma nei bambini nati nei mesi precedenti la sua pollinazione (12). Inoltre, in bambini con dermatite atopica è stato riportato che i linfociti T del sangue periferico dimostravano una risposta negativa alla Cryptopmeria nel periodo precedente alla pollinazione ma questa diventava positiva dopo pochi mesi dalla prima esposizione (13).

Un ulteriore elemento di interesse è stato apportato da uno studio che ha dimostrato, analogamente a quanto noto per gli acari della polvere, che in un gruppo di bambini esposti naturalmente a spore di Alternaria le concentrazioni atmosferiche di spore si correlavano a sensibilizzazione e a comparsa di sintomi allergici (14).

Non deve infine essere trascurato il ruolo favorente degli inquinanti, la cui presenza sia “indoor” (fumo di sigaretta delle madri) sia “outdoor” (polluzione da particolati aerodispersi) si associa a comparsa di allergia e asma (15, 16).

Naturalmente, il riconoscimento della particolare storia naturale indicata dalla marcia allergica deve portare all’introduzione di strategie per la prevenzione primaria e secondaria. Per la prevenzione primaria l’approccio maggiormente studiato si basa sulla ritardata introduzione di proteine eterologhe con l’alimentazione, che si attua mediante allattamento materno o utilizzazione di formule con idrolizzazione estensiva – note internazionalmente con la sigla eHF – e in parte sulla ridotta esposizione agli allergeni indoor quali acari della polvere e epiteli animali (17). Deve essere peraltro notato che non esistono ancora evidenze definitive sulla capacità di tale approccio di prevenire le allergie.

E’ invece ampiamente dimostrato il ruolo importante nella prevenzione secondaria dell’immunoterapia specifica. Infatti, nello studio denominato PAT (Preventive Allergy Treatment) i bambini con rinite allergica sottoposti a immunoterapia specifica hanno sviluppato asma con frequenza significativamente minore rispetto ai bambini non trattati (18). Inoltre, l’immunoterapia specifica è risultata capace di prevenire anche il fenomeno della plurisensibilizzazione, che comporta un aumento progressivo del numero di allergeni responsabili di sintomi e quindi della gravità clinica dell’allergia (19, 20).

Secondo uno studioso molto autorevole come Patrick Holt, la potenzialità preventiva dell’immunoterapia specifica potrebbe esplicarsi anche in fase primaria: è stato infatti avviato uno studio da lui coordinato in cui verranno trattati per via sublinguale con miscele dei principali allergeni bambini non ancora sensibilizzati. Se da questo studio deriveranno risultati positivi si potrà disporre di uno strumento largamente applicabile nella prevenzione primaria dell’atopia e della conseguente marcia allergica.

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